SINDROME TUNNEL CUBITALE
(Compressione del Nervo Ulnare al Gomito)

 

Per sindrome del tunnel cubitale (COMPRESSIONE DEL NERVO ULNARE AL GOMITO), si intende un insieme di segni e sintomi clinici determinati dalla compressione del nervo ulnare a livello del suo transito alla doccia epitrocleo-olecranica. Si manifesta per movimenti ripetitivi e anomali del gomito, come il continuo appoggiarsi sui gomiti o continue stimolazioni (eccessive flessioni), ma la genesi può essere anche di tipo traumatico. I sintomi prevedono parestesia, torpore al gomito, con dolore diffuso. Con il passare del tempo si evidenzia in alcuni casi ipostenia di diversi muscoli della mano che ne impediscono il corretto funzionamento, ad esempio si rende difficoltosa la stretta di mano. Il trattamento, in fase iniziale, prevede l'immobilizzazione attraverso l'uso di tutori che vengono utilizzati durante il sonno (vengono bloccati in posizione piegate a 45 gradi), mentre durante la fase di veglia si poggiano i gomiti su superfici soffici come cuscini. Negli stadi più avanzati è necessario il trattamento chirurgico (decompressione).

 

RICOVERO 

Solitamente l’intervento di liberazione/trasposizione del nervo ulnare al gomito viene eseguito in regime di “DAY SURGERY” per cui la dimissione avverrà nella giornata successiva all’intervento; in caso di comparsa di complicazioni quali dolore importante, difficoltà motoria digitale o altro la dimissione verrà posticipata al giorno successivo.

INTERVENTO CHIRURGICO

Viene eseguita un’incisione cutanea postero-mediale al gomito interessato; si procede quindi all’isolamento del nervo ulnare e la neurolisi in situ, eventualmente associata alla trasposizione anteriore sottocutanea o intramuscolare, secondo le condizioni locali che vengono riscontrate.

La trasposizione viene eseguita in presenza di alterazioni anatomiche del tunnel cubitale e/o d’instabilità pre-operatoria o intra-operatoria del nervo ulnare; a tal proposito, si spiega che l’instabilità del nervo oltre ad essere spesso la causa della neuropatia (quindi evidenziata pre-operatoriamente), talvolta si determina necessariamente durante la decompressione in situ per liberare efficacemente il nervo. In quest’ultima evenienza, si rende necessaria una più estesa liberazione del nervo che può provocare una crisi vascolare del nervo stesso con parestesie (alterazioni della sensibilità) transitorie o permanenti nel territorio di distribuzione del nervo ulnare (IV e V dito e regione ulnare del palmo della mano); più raramente l’isolamento del nervo può determinare nuovi deficit motori transitori o permanenti (muscoli flessori mano e dita e muscoli intrinseci della mano).

L’intervento di decompressione del nervo ulnare non assicura la risoluzione completa della sintomatologia dolorosa, delle parestesie e del deficit motorio, ma è mirato ad evitarne il peggioramento. Infatti il recupero è piuttosto imprevedibile, soprattutto nelle lesioni più gravi e di lunga durata.

Dopo l'intervento a distanza di 7 giorni viene eseguita la medicazione della ferita e a distanza di circa 15 giorni verranno rimossi i punti di sutura (eventuali ulteriori controlli e medicazioni verranno valutati da caso a caso).

 

CONSEGUENZE TEMPORANEE E PERMANENTI POSSIBILI

La patologia normalmente presenta caratteristiche di cronicità ed un decorso evolutivo in senso peggiorativo.

Se la malattia si trova in una fase di avanzata gravità clinica non esistono trattamenti farmacologici e fisici efficaci salvo il trattamento chirurgico.

Dopo l'intervento chirurgico il risultato clinico (comunque soddisfacente nell'80 % dei casi - Dillon 1989) è influenzato da molte variabili anche indipendenti dalla corretta esecuzione dell’intervento stesso (requisito comunque fondamentale).  Nonostante il miglioramento delle tecniche chirurgiche (nessuno degli interventi proposti si è dimostrato efficace più di un altro - Dillon 1989), ma non sempre risulta esattamente prevedibile l’entità della ripresa funzionale del nervo.

In particolare l’esito dell' intervento è influenzato da numerosi fattori quali l’età, il grado originario della lesione del nervo, il periodo intercorso dall’inizio dei sintomi, il potenziale evolutivo della malattia, la tipologia costituzionale, la tendenza a formare aderenze tra i vari piani anatomici e cicatrici ipertrofiche, l’eventuale componente reumatoide, le abitudini di vita, le caratteristiche ambientali e lavorative, l’osservanza dei consigli postoperatori. Tutti questi fattori condizionano il tempo di guarigione, che può andare da poche settimane nelle persone giovani ed in buone condizioni a periodi più lunghi nelle persone anziane con condizioni sfavorevoli (diabete, epilessia, disturbi circolatori, alterazioni trofiche cutanee, etc.).

 

Benefici

Il beneficio più evidente nell’immediato risulta essere la scomparsa del “formicolio” del medio, anulare e mignolo. Successivamente verrà recuperata anche la destrezza dei movimenti della mano e la forza muscolare.

 

Possibili complicanze

Complicanze generali possibili in ogni intervento eseguito in anestesia locale e/o loco regionale quali crisi di panico, sindromi vagali, crisi ipotensive o ipertensive, fenomeni allergici nei confronti dei farmaci anestetici o di altre terapie somministrate.

Complicanze intraoperatorie quali lesioni vascolari (rami artero-venosi limitrofi) o neurologiche periferiche (rami nervosi sensitivi o motori) che potrebbero richiedere un trattamento complementare immediato.

Complicanze locali specifiche sono rappresentate da:

- dolore (risolto comunemente con terapia antalgica, marcato);

- persistente gonfiore articolare (complicanza minore che  viene risolta in genere con applicazioni regolari di ghiaccio); - ematoma pararticolare laterale al gomito in sede di intervento che, se abbondante potrebbe rendere necessario il drenaggio manuale dopo asportazione di 1 o più punti di sutura.

- flogosi: reazione infiammatoria della ferita dovuta a intolleranza dei punti di sutura (molto rara) o agenti esterni contaminanti (in genere la risoluzione del problema avviene in pochi giorni con adeguata terapia medica antiinfiammatoria) e si manifesta con arrossamento  cutaneo, edema locale, intenso calore cutaneo locale e sensazione di intenso "prurito";

- infezioni: si possono manifestare in forma acuta con febbre molto elevata, forte dolore a livello della regione operata che si presenta gonfia e molto calda al tatto, oppure in maniera subacuta, con febbricola persistente che viene trattata mediante la somministrazione di antibiotici. 

Per ridurre al minimo il rischio di tale complicanza (presente comunque in percentuale dello 0,1/0,2 % in ogni intervento chirurgico ortopedico di elezione) viene praticata una profilassi antibiotica prima dell’intervento chirurgico.

- ritardi di cicatrizzazione della ferita: può essere sostenuto da alterazioni della circolazione locale ed in base a ciò può presentare diverse forme di gravità clinica, da semplici discromie della cute a vere e proprie piaghe con necrosi dei tessuti che possono comportare notevoli allungamenti dei tempi di guarigione della ferita.

- aderenze: formazione di aderenze cicatriziali tra i vari piani anatomici con successiva rigidità e recidiva della sintomatologia presentata prima dell’intervento; complicanza che può richiedere la necessità di ulteriori interventi di revisione.

- lesioni da laccio ischemizzante: lesioni della cute, dei muscoli e dei nervi (n. circonflesso), nella zona in cui viene posizionato il laccio ischemizzante. Tali lesioni, sebbene estremamente rare, possono essere temporanee o permanenti pari allo 0,15% di tutti i casi. (Mc Ewen JA. Med. Instrum 1981, 15: 253-257).

 

Soluzioni alternative all’intervento

Eventuali alternative di natura non chirurgica sia mediche che fisioterapiche come integratori neurotrofici, infiltrazioni cortisoniche a livello del tunnel cubitale oppure terapie elettromedicali come laser, ionoforesi, magnetoterapia ecc., spesso danno risultati modesti e transitori.

 

Esiti del mancato trattamento

Nel caso non si provveda alla “liberazione del nervo ulnare” dalla compressione che col passare del tempo diverrà sempre più importante, potrebbe verificarsi la progressiva paralisi dei muscoli dell’eminenza ipotenar e del primo interosseo dorsale con conseguente difficoltà della flesso estensione dell’anulare e del mignolo fino alla loro mancata estensione e all’abduzione/adduzione del pollice e relativa progressiva perdita di funzionalità della mano.